Ciao a tutt*, state già facendo i preparativi per domani? io ancora non so cosa farò e, se qualcuno di voi come me probabilmente passerà il Ferragosto in pieno relax, vi consiglio vivamente il primo romanzo di Alessia Tripaldi, sociologa e sceneggiatrice: Gli Scomparsi.
A questo romanzo è stato dedicato anche un blog tour che vi consiglio di andare a vedere, in ciascuna tappa viene delineato un archetipo criminale, ma ora un riferimento alla trama (presa da Amazon), un ringraziamento a Ylenia per aver permesso al blog di partecipare a questo evento e alla CE Rizzoli per avermi fornito la copia del romanzo e poi tenterò di stuzzicare la vostra curiosità su questo thriller psicologico stupendo.
Un cadavere mutilato emerge da un tumulo di sterpaglie. Un ragazzo scalzo e magro dice di chiamarsi Leone e che quello è il corpo di suo padre, con cui ha sempre vissuto nei boschi. Quale segreto si nasconde tra le montagne impenetrabili del Centro Italia? La risposta spetta al commissario Lucia Pacinotti. «Un'altra sigaretta e poi vado» è la frase che ripete tra sé mentre è appostata in macchina cercando il coraggio di bussare alla porta del suo vecchio compagno di università, Marco Lombroso. Nonostante la frattura improvvisa che li ha separati anni prima, lui è l'unico che può aiutarla a dipanare il mistero del "ragazzo dei boschi". Ciò che Lucia non sa è che bussando a quella porta costringerà Marco a riaprire anche il vecchio baule ereditato dal suo avo, Cesare Lombroso. Tra le pagine dell'Atlante dei criminali, nei pattern che collegano i crimini più efferati della Storia, si cela la verità, ma per trovarla è necessario addentrarsi nei fitti boschi delle montagne e in quelli ancora più intricati dell'ossessione per il male.
Sapevate che Marco Ezechia Lombroso, detto Cesare, fu il primo medico, antropologo a parlare di antropologia criminale? Già, secondo questo uomo vissuto nel XIX secolo, un uomo avente determinate caratteristiche anatomiche può essere o meno un criminale, teorie che col tempo lo hanno addirittura portato ad essere radiato dalla Società Italiana di Antropologia ed Etnologia.
Bene, nel romanzo della Tripaldi incontriamo Marco Lombroso, che dell'Atlante del suo trisavolo riesce a staccarsi solo dopo aver compreso che la ricerca dei criminali sulla base dei tratti somatici lo trasforma, trascinandolo in un turbinio di emozioni così complesse da renderlo irriconoscibile, è per questo motivo che senza spiegazioni alcune abbandona l'università al secondo anno di Criminologia per rincorrere una vita "normale", ricca di monotonia e falsa felicità, voltando le spalle alla sua amica e collega Lucia, l'unica con la quale riesce a passare le notti studiando casi, l'unica che non lo giudica solo per il cognome che porta, ma sono anni che non si è costretto a non sentirla e a non vederla, esattamente da quando risiede a Torino mentre lei sta in Abruzzo, così tanti anni che quando Lucia si presenta davanti alla sua porta l'unica reazione che riesce ad avere è toglierla fuori di casa in malo modo, ma Lucia lo conosce, sa come attirare la sua attenzione, e la trascrizione dell'interrogatorio a Leone, il bambino trovato nel bosco mentre trascinava il cadavere mutilato di un uomo sarà il biglietto da visita "giusto" per ottenere quanto desiderato: la sua mente.
Un romanzo dal ritmo incalzante che prende il lettore fin dalle prime pagine, da quando ci si trova davanti un ragazzo poco più che ventenne che dice di chiamarsi Leone consapevole di essersi perso nel tentativo di andare a seppellire il "Padre".
Ma chi è realmente Leone, perchè non conosce il suo cognome, perchè a vent'anni assume il comportamento di un bambinone di cinque, sei anni, perchè non riescono a cavargli una parola di bocca?
Lo sguardo amorevole di Sonia e quello scettico di Mori esprimono esattamente i due estremi del ragazzo. L'infermiera lo vede come un cucciolo indifeso, l'ispettore come un assassino squilibrato.
Marco è invece affascinato da ciò che sta nel mezzo, dal punto di incontro tra il bambino rapito e il giovane uomo.
Per Marco, Leone è il ritorno alla vita di prima, a quella vita che aveva deciso di dare un taglio, a quella vita che lo aveva segnato, eppure non riesce a non pensare a quella trascrizione, alle parole sbiascicate a denti stretti da Leone, all'aiuto esplicito che Lucia gli chiede, lui deve raggiungerla, deve scoprire ciò che si nasconde dietro quello sguardo perso di chi non conosce il mondo.
- In questa vita il bambino è solo. [...]
Ecco, io voglio essere chi non se ne va, chi resta e insiste. -
Dal momento in cui Marco Lombroso decide di "scendere in campo" accanto a Lucia le scoperte che si susseguono sono tanto strepitose quanto raccapriccianti, uno scritto così ben studiato da non riuscire a staccare gli occhi dalle indagini che prendono vita pagina dopo pagina, una storia costruita in modo superbo, ricca di dialoghi e di pensieri, insomma un libro che non può mancare nella vostra TBR estiva.
Cesare Lombroso sosteneva che i bambini fossero la prova vivente della teoria dell'atavismo, poichè naturalmente crudeli. Rancorosi, vendicativi e bugiardi, i bambini sarebbero la dimostrazione della naturale predisposizione dell'essere umano alla violenza, un istinto che viene sopito con la crescita e l'educazione alle regole sociali, ma che rimane latente nel profondo dell'animo.
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