31 agosto 2024

La neve in fondo al mare di Matteo Bussola [Recensione]

Matteo Bussola racconta un nodo del nostro tempo: la fragilità adolescenziale. Scrive una storia toccante, piena di grazia, sul tradimento che implica diventare sé stessi. E ci mostra, con onestà e delicatezza, quel che si prova davanti al dolore di un figlio, ma anche la luce dell’essere genitori, che pure nel buio continua a brillare. Perché è difficile accogliere la verità di chi amiamo, soprattutto se lo abbiamo messo al mondo. Ma l’amore porta sempre con sé una rinascita. Un padre e un figlio, dentro una stanza. L’uno di fronte all’altro, come mai sono stati. Ciascuno lo specchio dell’altro. Loro due, insieme, in un reparto di neuropsichiatria infantile. Ci sono altri genitori, in quel reparto, altri figli. Adolescenti che rifiutano il cibo o che si fanno del male, che vivono l’estenuante fatica di crescere, dentro famiglie incapaci di dare un nome al loro tormento. E madri e padri spaesati, che condividono la stessa ferita, l’intollerabile sensazione di non essere più all’altezza del proprio compito. Con la voce calda, intima, di un padre smarrito, Matteo Bussola fotografa l’istante spaventoso in cui genitori e figli smettono di riconoscersi, e parlarsi diventa impossibile. Attraverso un pugno di personaggi strazianti e bellissimi, ci ricorda che ogni essere umano è un mistero, anche quando siamo noi ad averlo generato.



Ancora una volta mi sono fatta rapire dalla storia di questo autore, che racconta un insieme di spaccati di vita quotidiana di diverse famiglie, tutte aventi un comun denominatore: i disagi adolescenziali dei figli.

Una storia molto diversa dalle altre che ho letto, un libro che delinea e che mostra una realtà che a volte vogliamo non vedere anche se ci si palesa davanti agli occhi, Bussola ci parla del rapporto genitori figli, di come questi ultimi siano cambiati, di come la nuova generazione abbia problemi così grandi che noi genitori non riusciamo neppure a cogliere e troppo spesso ci colpevolizziamo per questo.

Così Bussola in poco meno di duecento pagine ci parla da una clinica riabilitativa di coloro che sono il nostro futuro ma che sono intrappolati in quella ragnatela brutale che si chiama vita, crescita, adolescenza, ci fa conoscere ragazzi Hikikomori, ragazzi affetti da anoressia nervosa o di ragazzine che per nascondere i traumi trovano il solo conforto nel cibo, di un bambino che non accetta i no, le sconfitte... insomma ci palesa diverse piaghe della società che fanno dei ragazzi che la vivono, una società disagiata e dei genitori che li accudiscono, persone incredule che tutto questo possa realmente accadere senza carpirne la verità che si cela dietro ciascun disturbo.

Da quasi mamma osservando questa società mi assalgono milioni di dubbi, sul perchè ora che i nostri figlli hanno tutto non riescono ad essere felici, perchè per raggiungere un attimo di felicità debbano addirittura ricorrere a gesti estremi mentre noi eravamo felici con poco, e continuiamo ad essere felici anche solo a passare del tempo con gli amici a chiacchierare davanti ad un drink fresco, cosa possiamo fare noi adulti per "aggiustare" questa società rotta?!

Tante domande che rimangono senza risposta ma ci lasciano la consapevolezza che qualcosa si deve muovere e pure in fretta per non lasciare i nostri ragazzi nell'oblio di una società che cerca di omologarli e di creare un esercito di disagiati.

"Scoprire la profondità della tristezza di un figlio, a neanche sedici anni, è come trovare qualcosa in un posto in cui non te lo saresti mai aspettato. In cui proprio non dovrebbe esserci. Come la neve in fondo al mare."

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