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24 novembre 2021

Scrivere è un mestiere pericoloso di A. Basso [Recensione]

Un gesto, una parola, un'espressione del viso. A Vani bastano piccoli particolari per capire una persona, per comprenderne il modo di pensare. Una dote speciale di cui farebbe volentieri a meno. Perché Vani sta bene solo con se stessa, tenendo gli altri alla larga. Ama solo i suoi libri, la sua musica e i suoi vestiti inesorabilmente neri. Eppure, questa innata empatia è essenziale per il suo lavoro: Vani è una ghostwriter di una famosa casa editrice. Un mestiere che la costringe a rimanere nell'ombra. Scrive libri al posto di altri autori, imitando alla perfezione il loro stile. Questa volta deve creare un ricettario dalle memorie di un'anziana cuoca. Un'impresa quasi impossibile, perché Vani non ha mai preso una padella in mano. C'è una sola persona che può aiutarla: il commissario Berganza, una vecchia conoscenza con la passione per la cucina. Lui sa che Vani parla solo la lingua dei libri. Quella di Simenon, di Vàzquez Montalban, di Rex Stout e dei loro protagonisti amanti del buon cibo. E, tra un riferimento letterario e l'altro, le loro strambe lezioni diventano di giorno in giorno più intriganti. Ma la mente di Vani non è del tutto libera: che le piaccia o no, Riccardo, l'affascinante autore con cui ha avuto una rocambolesca relazione, continua a ripiombarle tra i piedi. Per fortuna una rivelazione inaspettata reclama la sua attenzione: la cuoca di cui sta raccogliendo le memorie confessa un delitto.


Non avevo mai letto nulla di questa autrice e il suo libro sostava da tempo nel mio kindle così, una sera in cui non riuscivo a decidere quale libro iniziare ho deciso di darle una chance, mi sono pentita? no, mi è piaciuto? Più o meno, diciamo che è una storia insolita, abbiamo una ghostwriter che lavora per l'Erica Edizioni ma che da poco ha iniziato anche a collaborare con la polizia grazie al suo modo di far parlare la gente ma non è una poliziotta e pertanto non possiede armi per l'autodifesa, proprio per questo motivo il Commissario Berganza ha pensato bene di iscriverla ad un corso di Krav Maga.

Vani è proattiva, energica che si impegna molto nel suo lavoro ed è molto eccitata per il nuovo libro che deve scrivere, non tanto per quello che dovrà contenere il libro bensì per la "raccontastorie", Vivi infatti si troverà a dover creare sostanzialmente un libro di ricette, intervallato da aneddoti legati alle pietanze, raccontato dalla cuoca di casa Giai Marin, prestigioso marchio di moda. 

Vani inizia questa nuova avventura tra le mura della casa Giai Marin con una donnina che tutto sembra tranne che stesse perdendo colpi anzi parla della famiglia come se stesse vivendo quegli episodi nel momento stesso in cui li racconta, l'unica pecca è che non dice le dosi o il procedimento delle varie ricette in modo utile per la stesura del ricettario, dosi sommarie e procedimenti approssimativi fanno sì che sia la stessa Vani a colmare le lacune, peccato che lei non abbia mai neppure fritto un uovo, così sarà Berganza stesso a darle un prezioso aiuto, ritrovandosi tra i fornelli nelle fredde sere a dare un senso a quegli appunti presi comodamente seduta su una poltrona o nell'accogliente cucina, regno indiscusso dell'anziano cuoca. 

Ed è proprio durante uno dei tanti racconti che la cuoca si accusa del delitto di uno dei fratelli Giai Marin, delitto per il quale già l'altro fratello sta scontando la pena in carcere, è dalla confessione dell'anziana signora che verrà riaperto in modo ufficioso la riapertura del fascicolo riguardante il caso...

Questa è stata una lettura carina che mi ha permesso di staccarmi dalla routine quotidiana e di immergermi nel mondo di Vani e Berganza, delle peripezie giornaliere dell'una e della dolcezza dell'altro, un libro che ho letto con piacere e che mi ha incuriosita tanto da essere propensa a leggere le altre avventure di Vani.

 

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